Ieri 15 febbraio, il convegno al CNR di presentazione dei risultati sul progetto di rilevante interesse nazionale (PRIN) sulla valutazione dell’università ha costituito un momento intenso e vivace di confronto a più voci: ministero, anvur, esponenti delle diverse comunità scientifiche, studiosi dell’higher education, manager universitari hanno discusso i risultati presentati dal nostro gruppo di ricerca. Il convegno ha avuto attenzione anche sul blog di io donna su avvenire-13-2, avvenire-intervista e ilmondo
Invocata come rimedio a tutti i problemi dell’università italiana la valutazione, ora che viene messa in atto con energia dall’Anvur, si rivela terreno di confronto e di scontro tra concetti e visioni differenti dell’università e del suo ruolo nella società. Ne discuteremo il 15 febbraio 2013 al CNR di Roma presentando i risultati di un progetto di ricerca sul tema.
Si vede che sabino cassese sta invecchiando, non è un brillantissimo incipit richiamare “lo spettro che si aggira per l’Italia” di marca marxiana (era l’Europa?) a proposito di valutazione dell’università. Ormai attaccare l’anvur è un po’ come sparare sulla croce rossa… più pertinente è forse evidenziare la contraddizione tra le solite litanie sull’abolire il valore legale della laurea e finire poi per dare valore legale alle valutazioni…
Con questo comunicato di fine anno l’ANVUR prende una posizione di aperta critica delle conseguenze della legge di stabilità per il finanziamento delle università italiane e arriva a stigmatizzare l’incapacità dei decisori politici “ad individuare le reali priorità del Paese dal punto di vista sia della vita civile e culturale sia dei fattori fondamentali che guidano la capacità di crescita e di sviluppo di un’economia moderna”.
In tempi normali si potrebbe definire “irrituale” questa critica alla politica da parte dei membri di un’agenzia nominata dal governo (quello precedente all’attuale, al quale del resto risalgono i provvedimenti originari di forte de-finanziamento) ; tuttavia la gravità della situazione porta ad apprezzare questa presa di posizione da parte di tecnici che sono comunque espressione del mondo universitario; soprattutto appare pertinente l’osservazione che l’università “si è aperta alla valutazione dei risultati come nessun’altra istituzione del Paese”. E’ un punto che merita di essere segnalato e ripreso nel 2013.
Questa riflessione (pensieri nella libertà degli 80 anni) dello storico paolo prodi tocca il senso stesso del mestiere di docente universitario in modo che suona a forte critica delle recenti “riforme”.
Gli outcomes sono più importanti degli outputs, a magggior ragione nei settori non profit ma non solo. Però la parabola della education nel mondo anglosassone dove si è imposta l’importanza del learning (outcome) rispetto al teaching (output) mostra come la mentalità burocratico manageriale incentrata su strumenti di misurazione finisca per inquinare anche un discorso apparentemente innovativo, l’esito è un “questionable fad, favoured more by managers than by teachers”.
La relazione di Sabino Cassese al convegno di Roars è un lucido e spietato atto di accusa :
“L’Anvur, burocratizzando misurazione e valutazione, si sta trasformando in una sorta di Minosse all’entrata dell’Inferno o di Corte dei conti con straordinari poteri regolamentari, ma ignorando le conseguenze della amministrativizzazione della misurazione e della valutazione: la scelta degli esaminatori, la selezione dei docenti, lo stesso progresso della ricerca saranno decisi non nelle università, ma nei tribunali”.
ma le scelte insensate degli ultimi 10 anni hanno molti responsabili!
In questo nuovo liuc paper ripercorro l’esperienza ormai ventennale della valutazione nelle università italiane, delineando alcune proposte per il futuro.
Mentre le polemiche sui criteri di valutazione dei “prodotti” scientifici arrivano sulla grande stampa, il Presidente dell’Anvur cerca di illustrare la complessità delle operazioni intraprese dall’Agenzia. Dei limiti evidenti delle misure introdotte si è già detto; in pochi mesi si è cercato di recuperare 5 anni di stallo, si è corso troppo in fretta, si è confidato troppo in metodologie non rispondenti al contesto e si potevano evitare certe trappole; potrebbe essere l’occasione per discutere finalmente in modo serio di università, ricerca e valutazione coinvolgendo gli interessati come non è mai avvenuto, correggendo il tiro, ma senza fermare processi che rappresentano comunque una innovazione significativa e mettono in movimento tutto il sistema.
Non si può governare la complessità della ricerca scientifica con metodi meccanici a base di elenchi e di indicatori meramente numerici come pretende di fare l’Anvur nella valutazione applicata ai vari aspetti dell’università; un mare di critiche tutt’altro che motivate da mero conservatorismo sta ormai sommergendo le iniziative dell’Agenzia: