Le perplessità sui test dell’Ivalsi si estendono, alimentate anche dai ricorrenti passi falsi:
anche-invalsi-perdera-la-sfida-del-merito
invalsi: pasticcio-gelmini-sbagliate-griglie-dei-test
Le perplessità sui test dell’Ivalsi si estendono, alimentate anche dai ricorrenti passi falsi:
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invalsi: pasticcio-gelmini-sbagliate-griglie-dei-test
Continuano le polemiche sui test Invalsi nella scuola. Una difesa d’ufficio compare su lavoce.info dove però gran parte dei commenti suscitati argomentano differentemente, valutando anche l’importanza del contesto e delle modalità organizzative che presiedono all’esperimento. Pro e contro emergono più chiaramente dall’articolo di Ricolfi banalizzare la scuola che rappresenta il dilemma del riformatore consapevole che si trova alla fine da solo un po’ come il liberale di Perotti …
Le vicende tragicomiche dell’applicazione dei test di misurazione dell’apprendimento nelle scuole sono bene illustrate da questo articolo: test-invalsi-i-normodotati-illuminati-e-le-aule-taigeto?
Avital Ronell “Stupidity” (ed. UTET Libreria), p. 10: “Le asserzioni conoscitive della stupidità, la sua pretesa di conoscenza positiva sono più risolute di quelle che la più rigorosa intelligenza potrebbe permettersi di esprimere. Questa è la ragione per cui, in un certo senso, i test d’intelligenza come quelli ai quali vengono ordinariamente sottoposti i bambini, in età scolare o meno, appartengono invariabilmente al dominio della stupidità. Infatti, nella misura in cui tali test richiedono una risposta e strumentalizzano il momento della domanda, sfuggono tanto all’ansia dell’indecisione e della complicazione quanto alla stessa congetturale intensificazione dell’interrogativo che caratterizzano l’intelligenza. In tali situazioni, allo scopo di produrre una risposta, l’individuo intelligente è costretto a fare la parte dello stupido”.
Ancora una volta il prof. Israel ha buon gioco nel sottolineare i limiti del ricorso ai cosiddetti metodi oggettivi di valutazione: la lotteria dei test
Affidiamo scuola e istruzione agli economisti. Questo sarà il risultato: il_sapere_e_tutto_test_per_questo_va_rovina
I test fatti da INVALSI (l’istituto di valutazione delle scuole) sulla preparazione scolastica dei tredicenni italiani contraddicono completamente le analoghe rilevazioni OCSE-PISA test_alle_medie . Come stupirsi? la scuola è un sistema sociale non una macchina asettica. Se programmo dei test devo pensare anche al contesto sociale in cui vengono somministrati, non solo alla progettazione astratta fatta a tavolino.
In questi tempi in cui si discute di scuola è forse utile ricordare la testimonianza dello scrittore americano Frank McCourt, autore tra l’altro del romanzo ehi-prof, che un anno fa al festivaletteratura_2007 si è espresso in questi termini sulla scuola americana: “il problema dell’istruzione sono i politici, che interferiscono troppo nelle scuole, riducendo tutto a degli standard; incrementano i test, i quali costituiscono controproducenti forme di controllo”. L’idea di educazione di Frank McCourt consiste nell’insegnare ai ragazzi a pensare; ma quando questi pensano, inevitabilmente vengono frenati dai test. Ma per l’autore è anche doveroso citare alcuni degli aspetti più affascinanti dell’insegnamento, come la possibilità di imparare divertendosi, seppur sia un fatto raro, ed il costruttivo rapporto che va creandosi tra professore ed allievi, i quali, scrutandosi a vicenda, diventano psicologi.
In Inghilterra infuria la polemica sul National Student Survey, una rilevazione dell’opinione degli studenti sulla qualità dei corsi universitari del tipo di quella che si fa anche in Italia. Il questionario adottato pone domande molto chiare e dirette: thestudentsurvey. Tuttavia la rilevazione è centralizzata dall’Agenzia di valutazione che ne userà i risultati per un ranking pubblico. Ciò determina pressioni sugli studenti per fare figurare bene la propria università, con il rischio di alterare la validità del test.
Una lettera al Times Higher Education ha sollevato il problema: Continua la lettura di Non è facile valutare l’higher education