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Il merito non è un quiz

In questo   articolo il prof. Israel  pone questioni rilevanti per la valutazione di scuola e università che pochi sembrano voler ascoltare:

” È altresì inquietante che un muro di silenzio assoluto si erga contro tutte le critiche che vengono mosse nei confronti dell’uso spesso acritico e sconsiderato – vero esempio di mancanza di probità scientifica – di metodi di valutazione numerica a dir poco discutibili. Non importa che tali critiche vengano mosse da organismi scientifici di primo livello, non importa che tutti sappiano che metodologie di valutazione della ricerca come il “citation index” siano delle assurdità totali, che le liste delle riviste scientifiche accreditate per le valutazioni contengano omissioni scandalose. E qui parlo di ricerca scientifica, ma anche l’esame delle statistiche internazionali sulla scuola fornisce una materia per esercitarsi a trovarne le numerose falle e a rivoltarne a piacere le conclusioni. Ci stiamo mettendo passivamente nelle mani di “esperti” il cui potere è spesso deriva soltanto dal far parte di imprese e gruppi influenti”.

Scienziati contro

timeshighereducation documenta la protesta di un gruppo di scienziati britannici contro i criteri di finanziamento dei progetti di ricerca che privilegiano il ritorno economico (previsto nelle domande?!) degli stessi: “the group calls for academics to rebel against new rules that state that the potential financial or social effects of research must be highlighted in a two-page “impact summary” in grant applications.

The requirement to provide a summary, answering questions about who might benefit from the research and how a financial return could be ensured, is being phased in by the UK’s seven research councils. The summary will be used by peer reviewers as a factor when determining which applications receive funding.

But in the letter, the group, which includes eight fellows of the Royal Society, “urges” the peer reviewers to ignore the summaries – arguing that it is impossible to predict the economic impact of “blue-skies” research in advance”.

Ecco il RAE

timeshighereducation pubblica e commenta i risultati del RAE 2008, la valutazione della ricerca inglese, che influenza potentemente i finanziamenti pubblici per le università. Ciò che pesa di più alla fine è il “research power” (a mixture of excellence and volume): questo determina il finanziamento.  Una formula finale  che moltiplica i punteggi medi attribuiti per il volume dello staff di ricerca presentato alla valutazione spiega il cash flow totale ottenuto: così è in testa Oxford (che ha presentato lo staff più numeroso) seguito da  Cambridge, Manchester, UCL, Edinburgh, Nottingham and Imperial College.

Ma THE documenta anche un interessante dibattito: l’ultimo intervento è significativo:

“This discussion has largely ignored the underlying purpose of the RAE. It is not about research quality, or the ‘world class’ work done by Dr X, or Prof. Y. It is a tool invented by civil servants to manage higher education. …   it is an administrative game that academics simply need to play, rather than to take personally. The anxious rants and raves that have featured in this discussion seem to reflect a community that has lost sight of the intrinsic value of its own work. For myself, I have spent four RAEs analysing the rules and playing the game to the best of my ability on behalf of several different departments. But, I have never let it effect my belief in the importance and value of my own research, scholarship or teaching. If, as a community, we are going to discuss this system, let us be clear that its relationship to ‘quality’ is inherently tangential, contingent and largely irrelevant, even when our jobs, and futures and comforts depend on the outcome”.

Il futuro oltre la crisi

Sul Sole 24 ore del 14 dicembre Giuliano Amato scrive su “Le cose da fare e il respiro (nazionale) che manca”. Il futuro dopo la crisi richiede di sciogliere tre nodi principali : “meno ostacoli burocratici alla nascita e alla vita delle imprese, investimenti in innovazione e ricerca, valorizzazione del capitale umano”. Tutto ciò sembra pacifico ma “il problema è che queste parole sono diventate giaculatorie che ci ripetiamo a destra, a sinistra e in ogni dove, mentre in concreto tutto facciamo fuorché realizzarle, evidentemente perché ci sono ostacoli più forti di noi”… secondo Amato per la politica fare queste cose significa pagare un prezzo che negli ultimi 15 anni nessuno ha voluto sostenere.

Appiattiti sul business

Charles Handy in questa intervista critica la ricerca di management che è spesso mera registrazione delle best practices, che però sono spesso past practices nel momento in cui le ricerche sono pubblicate. Ci vorrebbe nelle business schools più curiosità intellettuale, più sfida dei modi di agire consolidati, più posti dove i leader del business vengono ad ascoltare più che a parlare. handy_interview.pdf

La natura umana comprende sia la ricerca del proprio interesse che la preoccupazione per gli altri. La formazione al business si è troppo sbilanciata sul primo lato, indulgendo alle ambizioni di studenti motivati solo a massimizzare il proprio reddito, non a essere leader di grandi organizzazioni. Il mondo e il business chiedono di meglio.

Doppio ostacolo

 Il magazine della European Foundation for Management Development global focus pubblica un contributo di Andrew Pettigrew sul dibattuto tema dell’impatto pratico della ricerca di management, cui ho dedicato anch’io un recente paper:  ricerca senza qualità

 Oggi esiste una forte dicotomia tra gli studiosi di management che si dedicano a scrivere libri e articoli rigorosi, ma che hanno scarsa influenza sulla prassi,  e ricercatori applicati o consulenti che hanno più influenza sulle aziende ma non si curano di pubblicare ricerche valide scientificamente. Secondo Pettigrew, occorre invece incoraggiare i ricercatori di management ad affrontare un doppio ostacolo, di scientificità e impatto pratico, ma questo richiederebbe forme più spinte di collaborazione e co-produzione di ricerca col mondo aziendale.

Ricerca e innovazione nello Statuto della Lombardia

 Il nuovo statuto della Regione Lombardia è stato approvato anche in seconda lettura. Mi fa piacere vedere che è stata accolta nella definitiva formulazione la mia proposta, accolta e presentata alle consultazioni della Commissione Statuto dal Rettore Decleva, di correggere il testo della bozza originaria in tema di ricerca e innovazione che iniziava in questo modo: ” 1. La Regione incentiva l’innovazione tecnica, scientifica e produttiva, gli investimenti e le iniziative nel campo della ricerca di base ed applicata al riguardo, così come quanto necessario al raggiungimento di risultati di eccellenza in tale ambito”  …

Ai nostri politici – di maggioranza e opposizione -viene naturale pensare alla ricerca, senza alcuna malizia, come qualcosa da “incentivare” e ai ricercatori come persone che innanzitutto ricercano finanziamenti. Sarà utile riflettere su questo da parte del mondo universitario, soprattutto. Il testo approvato parte da un presupposto diverso, considera la ricerca una forza autonoma della società, che ha un ruolo traente; prima di tutto è giusto che la Regione  riconosca questo ruolo, poi potrà valorizzarla ed eventualmente incentivarla. Segue il testo dell’art. 10 come è stato alla fine approvato. Continua la lettura di Ricerca e innovazione nello Statuto della Lombardia

Formazione e ricerca: motori di sviluppo

La scuola e in generale la formazione operano sulla linea di confine tra diversi mondi e il  loro stesso miglioramento richiede l’apertura al dialogo e al confronto nella consapevolezza della complessità. Per questo è importante l’incontro di oggi alla LIUC con il coinvolgimento di esponenti dell’economia (Corrado Passera), delle istituzioni (Adriano De Maio) e della stessa amministrazione scolastica (Mario Dutto):  programma

Significativo in proposito è il recente  quaderno bianco sulla scuola elaborato per conto del Ministero dell’Economia da un gruppo di lavoro interdisciplinare.