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Chi valorizza il merito?

Questo articolo di Cipolletta su scuola e meritocrazia  inquadra il problema nella giusta prospettiva: inizia infatti dicendo che “con tutti i loro limiti, scuola ed università restano le sole istituzioni che ancora prendono il rischio di formulare un giudizio, anche quantitativo, sul valore delle persone. Dopo di che, le cose cambiano radicalmente”.  E conclude affermando: “… serve anche una scuola più meritocratica. Ma serve soprattutto una politica ed una società più aperta e trasparente, dove l’esempio della moralità e del merito venga dall’alto”.  Non si capisce quindi il titolo dato da Il Sole 24 ore all’articolo:  “Se la scuola è meritocratica il paese migliora”. Cipolletta dice una cosa diversa, che la scuola può e deve migliorare ma sotto il profilo della meritocrazia è già molto più avanti del paese e delle stesse imprese! Sono soprattutto questi che devono adeguarsi.

Il progetto Ambrosetti per l’università

Sul sito della CRUI è disponibile il rapporto di European House Ambrosetti su   università e sfida competitiva che contiene proposte organiche e innovative per il rilancio dell’università italiana, facendo leva sulla valutazione dei risultati e su un’impostazione meritocratica. E’ un progetto certo di non facile realizzazione ma ha il merito di essere esposto in modo preciso e concreto.

Risorse e proteste

L’assegnazione di risorse in chiave premiante alle università, per quanto modesta, basta a suscitare   proteste e reazioni degli svantaggiati. Non si dice però che in parallelo agisce una diversa assegnazione di fondi che attutisce ancora l’effetto e salvaguardia le situazioni in essere.

Dalle parole ai fatti…

L’analisi di   lavoce.info  mostra che la distribuzione di fondi pubblici alle università secondi criteri premianti del merito è puramente simbolica e in grave ritardo. Ancora una volta si manifesta l’endemico divario tra parole e fatti che caratterizza i comportamenti dei nostri governi , soprattutto nelle riforme che riguardano la spesa pubblica …

Meriti e virtù

Le polemiche sul merito nell’università trovano giustamente spazio nella pagine dei giornali e come al solito gli economisti hanno soluzioni belle e pronte:    giavazzi   –  vaciago

Analisi più profonde che provengono proprio da quel mondo anglosassone preso come riferimento ci richiamano però a confrontarci con almeno     due concetti di virtù  :two competing conceptions of virtue, one determined by merit judged competitively and the other more vaguely but emotionally supported by a broader view of worth.

Discussione sul decreto

Si stringono i tempi per l’approvazione del decreto attuativo della legge Brunetta; ecco un commento interessante di carlo dell’aringa : si sostiene che “è meglio privilegiare la valutazione delle strutture rispetto alla valutazione dei singoli dipendenti. Le ricerche condotte su questo tema confermano che si ottengono risultati migliori se si valutano i gruppi anziché i singoli lavoratori. Certo occorre fare entrambe le cose, ma il decreto pur insistendo molto sulla valutazione delle strutture, sembra troppo concentrato sul differenziare i compensi tra i singoli dipendenti, per colpire i “fannulloni” e premiare i meritevoli. Giusto, ma non basta”. Sul tema è in preparazione un numero speciale di Risorse Umane nella PA.

Il merito secondo Abravanel

Stamattina in LIUC c’è stato il convegno sulla   meritocrazia con Roger Abravanel autore  del noto  libro  su questo tema. Una battaglia per promuovere il merito è sacrosanta in Italia e il successo del libro di Abravanel significa certamente che le esigenze che esprime con forza hanno un ampio riscontro nella società. Mi sembra  che le sue analisi e proposte possano essere discusse e anche criticate come ho cercato di  fare nel dibattito: l’Italia di oggi non è solo stagnazione e declino e non c’è solo il modello dei paesi anglosassoni e delle loro imprese e istituzioni educative.

I lavoratori tedeschi secondo Gallup

Un’ampia maggioranza dei lavoratori tedeschi non è impegnata nel suo lavoro. Questo ci dice un recente sondaggio Gallup Employee-Disengagement-Plagues-Germany 

Il tasso dei lavoratori attivamente disimpegnati è arrivato al 20% : altri dati e commenti  La causa principale sembra risiedere nella carenza di leadership: “My boss is really good professionally . . . but leading employees is absolutely not his cup of tea,” risponde argutamente uno degli intervistati. Il tipico approccio tedesco al management poggia infatti sulla seniority più che sul merito….  i dati comunque alla fine non sono così diversi da quelli degli stati uniti e dei paesi europei, Italia compresa…