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Le imprese “robuste” secondo Mintzberg

L’articolo di mintzberg mette il dito sulla piaga; la crisi dell’economia è una crisi del concetto di impresa alimentata da un pensiero economico errato: “A robust enterprise is not a collection of human resources; it is a community of human beings. How many large American corporations can claim that kind of robustness? Effective strategy, for example, is not about a planning process that comes from the “top” so much as a learning process that can come from anywhere in the enterprise”

E’ difficile convincere tutti

L’articolo dell’imprenditore che ha creato   geox  è brillante e trasuda di soddisfazione. Si tratta dell’attenzione e del plauso verso  la propria storia aziendale ottenuti in un incontro di presentazione organizzato da una delle più conosciute business school americane. L’articolo è ben costruito, il contenuto stimolante. L’imprenditore e la sua impresa godono di forte reputazione. Entrambi sono pluripremiati. Tuttavia l’aspetto forse più interessante riguarda i commenti che alcuni lettori hanno aggiunto all’articolo, utilizzando un’opportunità interattiva offerta dal sito Internet del quotidiano. Perché la maggior parte dei commenti suscitati esprimono una reazione negativa; uno critica il prodotto per un difetto che ha riscontrato; un altro giudica troppo “pubblicitario” il contenuto; non manca chi chiede all’azienda di applicare per prima le indicazioni date dall’imprenditore; c’è anche  chi se la prende con gli extra-profitti ottenuti dall’impresa de-localizzando e chi rimprovera all’imprenditore un tono troppo predicatorio. Le storie sono uno strumento potente di comunicazione. Anche quelle aziendali, e manager e imprenditori lo stanno capendo sempre di più. Tuttavia le storie troppo belle e scritte a senso unico annoiano chi le ascolta; e, soprattutto, suscitano reazioni. Gli imprenditori sono “uomini del fare”, per questo sono apprezzati quando sviluppano buoni prodotti e buone imprese. Quando però “salgono in cattedra”  e “fanno la lezione” annoiano anche più dei professori. Né bastano i risultati ottenuti a salvarli.

Efficienza demografica

Una  ricerca di Adecco Institute  , che ha considerato oltre 500  aziende in Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia, rileva che la crisi manifestatasi nel 2008 ha determinato un fenomeno generale nelle aziende europee che hanno abbreviato l’orizzonte di riferimento per le politiche del personale e la programmazione degli organici ed hanno visto peggiorare il proprio indice di efficienza demografica. Questo indice, elaborato da Adecco Institute,  sintetizza  lo stato delle  pratiche aziendali in cinque aree: gestione delle carriere, apprendimento e formazione nell’intero arco della vita (lifelong learning),  knowledge management, tutela e promozione della salute, diversity management. La caduta di questo indice è forte per tutti (da 182 a 172 punti in media) e costituisce un segnale forte del fatto che le imprese affrontano un problema di lungo termine in un logica di breve termine.  Più in generale si registra un trend nel senso dell’abbreviazione nell’orizzonte di riferimento della programmazione del personale.  L’arco temporale di pianificazione è sceso dal 2007 al 2008 da 1,1 anni a 1,0 per l’intero personale e da 1,3 a 1,2 anni per professionals & executives, proseguendo peraltro una tendenza calante che dura da un triennio e che  appare un chiaro sintomo di una crescente insicurezza sulle prospettive dell’economia accentuata nell’ultimo anno dalla crisi finanziaria globale. Continua la lettura di Efficienza demografica

La pila di Volta del design

Apre la mostra del museo del design : triennaledesignmuseum  L’iniziativa presenta tra l’altro un’analisi molto efficace dei fattori di successo del design italiano, utilizzando l’immagine-metafora della “pila di volta” , che ne valorizza non solo la storia ma anche l’attualità e la competitività nello scenario futuro:

“queste condizioni generali di apparente
debolezza, questa modernità continuamente interrotta,
questa relazione con un sistema industriale medio
piccolo, questo rapporto di continuità con le pratiche
artigianali e con una memoria storica mai del tutto
rimossa, hanno costituito nel tempo le premesse per
elaborare direttamente sul campo un modello originale
di collaborazione tra imprese e design, tra ricerca
tecnologica e sperimentazione linguistica, tra l’universo
dei mercati frazionati e la capacità di produrre per la
piccola serie. Condizioni molto favorevoli per operare
nel contesto dei mercati post-industriali e nell’epoca
della globalizzazione.
Ciò che stiamo descrivendo in questa mostra dunque
è una sorta di circuito dinamico del sistema del design
italiano, dove le relazioni virtuose tra progettazione
e produzione seguono un percorso non lineare,
caratterizzato dalla collaborazione spontanea tra due
sistemi apparentemente deboli, che si intrecciano tra di
loro creando appunto un anello che si auto-alimenta e
produce una energia continua di crescita.
Queste due componenti, quella industriale e quella
progettuale, in Italia non si sono mai saldate in un’unica
fusione, non si sono mai integrate in una politica che
poggiasse su una sola radice e un quadro programmatico
perfettamente coincidente; soltanto collaborazioni
intelligenti, innovazioni avanzate realizzate tra singoli
imprenditori e singoli designer, che come dentro a una
“pila di Volta” sfruttano la differenza di potenziale dei
materiali interni per creare un campo magnetico attivo.