Il progetto Italia 2013 della Fondazione IRSO mira ad approfondire l’Italian way of doing industry e si pone anche il problema di capire il legame tra forme organizzative e anima dell’impresa
Un significativa assonanza di contenuti si può trovare con le prospettive dell’economia civile, con i progetti di vitaeudaimonica e naturalmente con la rivisitazione del pensiero di adrianolivetti
L’articolo dell’imprenditore che ha creato geox è brillante e trasuda di soddisfazione. Si tratta dell’attenzione e del plauso verso la propria storia aziendale ottenuti in un incontro di presentazione organizzato da una delle più conosciute business school americane. L’articolo è ben costruito, il contenuto stimolante. L’imprenditore e la sua impresa godono di forte reputazione. Entrambi sono pluripremiati. Tuttavia l’aspetto forse più interessante riguarda i commenti che alcuni lettori hanno aggiunto all’articolo, utilizzando un’opportunità interattiva offerta dal sito Internet del quotidiano. Perché la maggior parte dei commenti suscitati esprimono una reazione negativa; uno critica il prodotto per un difetto che ha riscontrato; un altro giudica troppo “pubblicitario” il contenuto; non manca chi chiede all’azienda di applicare per prima le indicazioni date dall’imprenditore; c’è anche chi se la prende con gli extra-profitti ottenuti dall’impresa de-localizzando e chi rimprovera all’imprenditore un tono troppo predicatorio. Le storie sono uno strumento potente di comunicazione. Anche quelle aziendali, e manager e imprenditori lo stanno capendo sempre di più. Tuttavia le storie troppo belle e scritte a senso unico annoiano chi le ascolta; e, soprattutto, suscitano reazioni. Gli imprenditori sono “uomini del fare”, per questo sono apprezzati quando sviluppano buoni prodotti e buone imprese. Quando però “salgono in cattedra” e “fanno la lezione” annoiano anche più dei professori. Né bastano i risultati ottenuti a salvarli.
L’articolo di Mucchetti su Fratelli Branca mette in luce come il fine_dell_impresa sia una costruzione sociale che da significato alle cose e avanza il dubbio di una contraddizione insanabile con la logica della finanza.
La riflessione di sarkozy a Davos mette il dito sulla piaga irrisolta del periodo che abbiamo vissuto:
«Si è deregolata la finanza per permetterle di crescere di più, tutto è stato dato al capitale finanziario». Ed è finita che «l’imprenditore venisse dopo lo speculatore, il lavoratore dietro alla rendita». Tutto veniva affidato agli esperti e alle statistiche che, ricorda Sarkozy, parlavano di crescite del Pil che la gente della strada non percepiva: «Dobbiamo uscire dalla civiltà degli esperti per riflettere tutti assieme». Il presidente francese continua a pretendere di non voler dare lezioni ma, dice, «se siamo arrivati a questa deriva è perché i banchieri non hanno fatto il loro mestiere. Ci sono certi bilanci che fatico a comprendere e trovo impossibile accettare».
L’articolo di aldo bonomi riflette sul “calabrone che vola” , sulle qualità che permettono alle PMI italiane di andare avanti nonostante tutto; …”assieme alla tenuta delle reti intermedie di territorio, dalle rappresentanze ai Confidi, alle Camere di Commercio, alle banche di credito cooperativo. A proposito di banche ci tengono a precisare che con i grandi gruppi non riescono a dialogare. Siamo quelli del rating negativo. Non si sentono capiti. E per fortuna che non hanno letto l’ultimo libro di Alesina e Ichino, «L’Italia fatta in casa». Non avrebbero il coraggio di rivendicare, come fanno, che il vero mastice che ha consentito di salvaguardare impresa e lavoro è stato la tenuta di quel modello familista-comunitario che rappresenta ancora oggi l’antropologia del capitalismo dei piccoli. Il carattere di storia di vita dell’impresa viene rivendicato come la molla che ha spinto a vendere la casa al mare per salvaguardare l’azienda”.
Gotti Tedeschi in questo articolo: banchieri-imprenditori-sguardo lungo rivaluta la funzione dell’imprenditore : “Questo è stato progressivamente “diluito” dagli aumenti di capitale e nei processi di fusione, ma a volte persino considerato ostacolo all’efficienza e alla crescita. È stato spesso sostituito da fondi di investimento, dall’identità anonima, personalmente deresponsabilizzati, spesso distaccati dal territorio e dalle persone, dalle esigenze del lungo termine. Spesso sostituito con manager troppo motivati sugli obiettivi dell’azionista-fondo, troppo centrati sul breve periodo e perciò sull’esasperazione dell’efficienza a breve, troppo orientati al mercato borsistico, spesso a condizioni insostenibili a lungo termine”.
La scomparsa di Tere Novarese Cerutti teresa-cerutti importante imprenditrice di Casale è avvenuta proprio alla vigilia della prevista laurea honoris causa all’Università di Novara. Il Sole 24 ore ha reso disponibile il testo della sua lectio-magistralis un documento di grande interesse incentrato sul rapporto tra impresa e territorio.
Fondazione Edison e Symbola a loro volta hanno realizzato una mappatura del made in Italy : ITALIA , che mette in luce come la soft economy innerva il nostro paese.
Per ora L’Italia sembra meno interessata di altri paesi da questi fenomeni di critica sociale Da noi prevalgono ancora gli imprenditori, e i manager non sono ancora un gruppo sociale molto forte; ma la responsabilità è un fatto personale, può essere giusto cambiare le regole ma non lo è certamente colpevolizzare intere categorie soprattutto quando non hanno un peso particolare negli assetti di potere reale.