Gli articoli di fortis e ruffolo il-capitalismo-che-verrà e pil-una-medaglia-alla-memoria ampliano gli orizzonti di intelligenza dell’economia. Anche se la critica alla significatività del PIl è divenuto ormai un luogo comune, quasi una banalità, continua ad aver senso la ricerca di una comprensione più profonda e attenta a ciò che non è immediatamente quantificabile.
Nel dibattito di La Stampa su “la crisi un anno dopo” si segnalano gli interventi di Ricolfi: l’economia non ci azzecca e Deaglio vite terremotate . Si riconosce giustamente come non solo l’economia ma le scienze sociali nel loro insieme non abbiano elaborato risposte persuasive.
Le polemiche sul merito nell’università trovano giustamente spazio nella pagine dei giornali e come al solito gli economisti hanno soluzioni belle e pronte: giavazzi – vaciago
Analisi più profonde che provengono proprio da quel mondo anglosassone preso come riferimento ci richiamano però a confrontarci con almeno due concetti di virtù :two competing conceptions of virtue, one determined by merit judged competitively and the other more vaguely but emotionally supported by a broader view of worth.
Mentre al festival di Trento l’economia gestisce accusa e difesa del proprio processo , Guido Rossi in un articolo su La Repubblica : lo-spirito-ambiguo-della-ricchezza , assume una posizione più radicale: “Ciò è accaduto non tanto o non solo perché avidità e stupidità dei singoli abbiano avuto il sopravvento ma perché avidità e irrazionalità sono state teorizzate e poste alla base di un sistema che si sta disgregando”.
Nel dibattito su il Sole 24 ore e al prossimo festival dell’economia di Trento è aperta la critica alle teorie e ricette diffuse in questi anni dagli economisti. Roberto Perotti nell’articolo economisti alla sbarra sintetizza argomenti a favore e contro, cadendo in un eccessivo tecnicismo che lo rende assai poco persuasivo. Di altro livello culturale l’intervento del Cardinale Angelo Scola il sonno della ragione genera crisi , che coglie la radice del problema nell’avarizia idolatra e l’esigenza di ripartire riconoscendo la priorità della societa rispetto a “stato”e “mercato”. il “pensiero unico” che si imputa agli economisti non significa assenza di una pluralità di teorie ma significa la priorità indiscussa del ragionamento economico e dei conseguenti fini rispetto ad altri ambiti di valutazione. Dal mio punto di vista, non posso non rimarcare la pulizia concettuale e di linguaggio del Cardinale anche in passaggi secondari come quando afferma “si potrebbe parlare di capitale umano e sociale, ma preferisco chiarire che si tratta della capacità unica dell’essere umano di ‘dare un nome alle cose’…” La teoria e il linguaggio stesso del ‘capitale umano’ altro non è infatti che una manifestazione di quel pensiero unico dell’economia che per dare valore all’umano deve ricondurlo a cosa.
Brunetta viene spesso accusato di avere semplificato un po’ troppo diagnosi e proposte di fronte ai problemi della PA, ma gli economisti che lo criticano non sono da meno: se-il-dirigente-non-ha-obiettivi
Questo articolo mette il dito sulla piaga: il mito offuscato del ROE Ma è la teoria della finanza ad avere esasperato questa impostazione. L’economia aziendale ha sempre avuto una visione molto più multi-dimensionale e orientata al lungo periodo.
Merita riflessione questo intervento del prof. Israel la-scienza-non-e-onniscienza che tra l’altro osserva come ” la teoria economica deve fronteggiare la dura constatazione che fare una “scienza oggettiva” dei comportamenti soggettivi è una “mission impossible” “. Ma è giusto soprattutto rilevare l’arroganza degli economisti : “tocca pure sentir riproporre la lezioncina sui principi di “razionalità” che dovrebbero governare le scelte economiche “scientifiche” con la prosopopea di chi è reduce da Austerlitz anziché da Waterloo”. Condivisibile è anche la critica dello scientismo nei vari campi.