Il Presidente della Crui Decleva commenta il continuo peggioramento delle posizioni italiane nelle classifiche internazionali delle università. Ma l’Italia non è paese da classifiche un po’ in tutti i campi. Il merito è poco riconosciuto ma sopravvive nonostante tutto. E’ sbagliato coltivare l’ossessione dei rankings internazionali se distoglie dalle cose che importano davvero e che non sempre servono a scalare queste classifiche.
Questo articolo di Cipolletta su scuola e meritocrazia inquadra il problema nella giusta prospettiva: inizia infatti dicendo che “con tutti i loro limiti, scuola ed università restano le sole istituzioni che ancora prendono il rischio di formulare un giudizio, anche quantitativo, sul valore delle persone. Dopo di che, le cose cambiano radicalmente”. E conclude affermando: “… serve anche una scuola più meritocratica. Ma serve soprattutto una politica ed una società più aperta e trasparente, dove l’esempio della moralità e del merito venga dall’alto”. Non si capisce quindi il titolo dato da Il Sole 24 ore all’articolo: “Se la scuola è meritocratica il paese migliora”. Cipolletta dice una cosa diversa, che la scuola può e deve migliorare ma sotto il profilo della meritocrazia è già molto più avanti del paese e delle stesse imprese! Sono soprattutto questi che devono adeguarsi.
Partecipiamo alla International Conference on Changing Universities: Governance, Relevance, Performance 29 September – 2 October 2009, Istanbul, Turkey: presentando il paper:New Patterns of University Governance and Evaluation (Gianfranco Rebora , Eliana Minelli and Matteo Turri: slides ) che sintetizza i contenuti di ricerca da noi elaborati negli ultimi anni: istanbulconferenceprogramme
Il rapporto al Parlamento britannico su students and universities infiamma la polemica sulla higher education del Regno Unito.
Peter Williams, chief executive della Quality Assurance Agency, dichiara a timeshighereducation che si tratta di un tipico esempio di policy-based evidence anziché di evidence-based policy, in sostanza di un rapporto fondato su pregiudizi. Gli estensori dello stesso rispondono per le rime.
Non solo da noi quindi si discute in modo acceso sull’università.
Matteo Turri interviene su La Voce.info individuando luci e ombre dei nuovi criteri di finaziamento delle università statali che il MIUR ha recentemente prospettato. La materia risulta ancora poco trasparente e il contributo aiuta a capire meglio una questione complessa, sulla quale si fa spesso propaganda da una parte e dall’altra prescindendo dai dati reali.
Sempre Matteo ha presentato alla Conferenza di Porto del CHER “Public Vices, Private Virtues – Assessing the role of markets in higher education” il nostro paper: Turri, M.; Minelli, E. & Rebora, G. Waiting for the market. Where is the Italian university system?
Restano sempre attuali, anche se estremizzano alcuni aspetti, gli interventi di Giorgio Israel di qualche tempo fa sul suo blog di fronte alle prospettive di una valutazione di scuola e università troppo semplificata e imitativa rispetto al management delle grandi imprese:
Sul sito della CRUI è disponibile il rapporto di European House Ambrosetti su università e sfida competitiva che contiene proposte organiche e innovative per il rilancio dell’università italiana, facendo leva sulla valutazione dei risultati e su un’impostazione meritocratica. E’ un progetto certo di non facile realizzazione ma ha il merito di essere esposto in modo preciso e concreto.
Molte polemiche sull’università sono pretestuose. La valutazione dei docenti e ricercatori è questione controversa, tuttavia quando la produttività è inesistente è facile anche misurarla: dottori in fallunnolità
Purtroppo i provvedimenti sinora presi non sembrano efficaci neanche in questo ambito…
La European University association ha pubblicato un nuovo rapporto sulla quality assurance Improving quality, enhancing creativity che sostiene l’importanza che i processi di QA lascino spazio per il rischio e per l’errore mettendo in grado le istituzioni formative di identificare e correggere un eventuale fallimento. L’attenzione alla qualità non deve quindi impedire la creatività introducendo un regime troppo stretto di conformità, come di fatto è avvenuto in tente esperienze imperniate su standard di vario tipo.
Ecco le 7 raccomandazioni finali del rapporto:
• To ensure that quality assurance is context sensitive (e.g. taking account of different disciplines, cultures and national contexts)
• QA should be inclusive – engaging the whole university community (academics and students) and should not just be the responsibility of a ‘QA unit’
• Effective quality assurance is based on a successful partnership between agencies and institutions, which should leave space for ‘trust and self-reflection’
• Sharing QA ‘experiences’ is essential, and the authors recommend the creation of platforms for dialogue both between departments, institutions and even at European level (These platforms should not, however, be based solely on copying good practices, but stimulating critical analysis.)
• QA processes must support institutions’ capacity to change and to reach strategic goals
• Agencies and institutions need to ensure engagement of all key actors in QA processes.