Archivi categoria: Change management

Rientrano in questo argomento gli interventi che riguardano la gestione del cambiamento nelle organizzazioni.

Ancora Brunetta…

 Nuovo intervento di Brunetta a 8emezzo: brunetta tra precari e fannulloni , stavolta si parla un po’ di tutto, anche della crisi: “la colpa è della finanza funambolica”

Lui semplifica un po’ le cose, però certi giornalisti fanno domande stupide, come si fa a chiedere conto al governo del fatto che non si riunisce alle 8 del mattino ma più tardi!

Ripartire dal basso

Il libro di De Benedetti – Rampini punture_di_spillo esce tempestivamente nel pieno della crisi finanziaria.

“Anziché contemplare sconfortati le nostre debolezze, è più utile partire dai nostri punti di forza, andandoli a cercare là dove si trovano, e costruire su quelli. Gli italiani possono affrontare subito con vigore e dinamismo le sfide della globalizzazione, senza attendere ricette dettate dall’alto. Questo non implica il disimpegno politico né la rinuncia a cambiare il modo in cui il paese è governato. Ma un buon governo si costruisce anche attraverso le scelte quotidiane della società civile. Ciascuno di noi ha possibilità e responsabilità che lo attendono ogni giorno, può agire e imprimere un segno sull’andamento del paese, cominciando dalla comunità in cui vive e lavora. Per questo la dimensione piccola, il luogo di lavoro, l’università, la città, la regione, è quella in cui si può agire immediatamente”.

Ironia sui fondamental-liberisti

Il Foglio ironizza sulle gaffes degli economisti fondamental-liberisti. Oltre al folclore c’è qualche spunto interessante sul fatto che “non bastano gli schemini per intepretare la realtà” e  sul ruolo della cultura umanistica nei periodi di crisi: ” la riflessione sui limiti dei banchieri che sono passati da una forte cultura umanistica, che consentiva di considerare le cose del mondo con respiro storico, a una tutta centrata sugli algoritmi mi pare convincente. Vi sono tanti ottimi operatori e studiosi economici in Italia e nel mondo. Che, spesso, però hanno una funzione da idraulici, far funzionare bene i flussi quando sono attivi. Su questa loro funzione sono in grado di dare lezione a tutti. Però quando c’è da costruire o ricostruire un sistema, quella cultura appare parziale. E diventa urgente trovare qualche architetto per ricostruire. Dotato anche di una fondamentale cultura umanistica” : fondo e fondi

Telecom e l’innovazione

 L ‘intervista di bernabé a Nova è tutta centrata sull’innovazione e le sue conseguenze per la cultura organizzativa, anche in Telecom:

“Un tempo l’innovazione era il privilegio dei grandi centri di ricerca. I Bell Labs, lo Xerox Parc… Discendeva da quei centri. Oggi nasce ai margini del sistema, è imprevedibile, emerge dal basso, da piccole aziende, dai consumatori stessi. Questo impone un cambiamento anche nel contributo di Telecom Italia. Certo, noi portiamo la connettività, ma il valore viene da chi la usa per innovare: ebbene, dobbiamo fornire strumenti per abilitare i clienti e le aziende che innovano a esprimere tutto il loro valore. E, di conseguenza, a sfruttare al meglio la connettività che esiste». ….
“La logica non è più quella delle diverse parrocchie,ma un lavoro di squadra, interno ed esterno, per aumentare il valore complessivo. Gli strumenti di cooperative working, da soli, restano lettera morta se non cambia il modo di operare. Abbiamo aperto in azienda dei blog per interrogarci tutti insieme su cosa possa essere Telecom nel 2015. Riceviamo suggerimenti e creiamo una cultura di partecipazione, di autonomia di pensiero al servizio della squadra. Non più “yes man”, efficaci quando si compete solo sui costi, ma persone che si mettono in gioco»

La parabola di Tremonti

I giornali hanno riportato che Tremonti, parlando ai giovani industriali a Capri, ha ribadito una cosa che sembra ovvia: «la finanza non è un fine ma un mezzo, la finanza trasferisce ma non produce ricchezza» tremonti ai giovani

In realtà Tremonti come mostra il video ha invitato i giovani industriali a riflettere in profondità partendo dalla ragioneria come vera e propria parabola che illustra la mutazione avvenuta nel capitalismo. Ecco un passaggio essenziale: “Questa tendenza parossistica e istantanea dal conto patrimoniale al conto economico riflette una profonda mutazione intervenuta nel capitalismo, all’origine nel vecchio mondo contava in partita doppia il conto patrimoniale ma anche il conto economico, contava il meccanicismo e l’automatismo dei valori espressi giorno per giorno dalla borsa ma contavano anche altre valutazioni che avevano un carattere fiduciario, organico, personale , non 100 anni fa, ma 10 anni fa contava il conto economico ma contava nell’economia conoscitiva e gnoseologica del bilancio anche una serie di categorie diverse, il prudente apprezzamento degli amministratori (…) Continua la lettura di La parabola di Tremonti

Relazione sulla PA

Il Ministro Brunetta ha presentato al Parlamento la relazione_2007_sullo stato della PA ricca di dati e di indicazioni programmatiche.

Nella presentazione c’è una sintesi efficace della strategia di riforma in corso di realizzazione: “La P.A. può essere considerata, in altri termini, una grande riserva
di produttività inespressa. Con una forza lavoro cui corrisponde una massa
salariale che ammonta a circa 192 miliardi di euro, essa da sola potrebbe
verosimilmente garantire per i prossimi anni un incremento annuo della produttività
superiore all’uno per cento, riducendo sostanzialmente il divario di crescita con gli
altri paesi.  Quel che manca è quel sistema di incentivi e disincentivi che proviene
dall’esposizione ad un vero mercato…”.

Questo pone molte questioni di spessore teorico e operativo, politico e tecnico, intrecciandosi con tematiche come il federalismo, l’innovazione, la semplificazione… si vedrà…

Tra semplificazione e complessità

Un articolo da leggere questo di michele_serra : mostra come siamo stretti in una morsa mortale tra due culture opposte e deleterie: quella di una sinistra che complica la complessità e quella di una destra che semplifica la semplicità. Peggio di Scilla e Cariddi…

“la proposta Gelmini è quasi geniale. L’idea-forza, quella che arriva a una pubblica opinione sempre più tentata da modi bruschi, però semplificatori, è che gli arzigogoli “pedagogici”, per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può più permettersi. Il vero “taglio”, a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato – una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri – al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale. La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un’età dell’oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta “complessità” non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell’uovo. Una società nella quale il principio autoritario era molto aiutato da una percezione dell’ordine di facile applicazione, nella quale il somaro era il somaro, l’operaio l’operaio e il dottore dottore. Una società che non prevedeva don Milani, non Mario Lodi, non Basaglia…”

“Silete, economisti”

Divertente questa intervista di Tremonti piena di sarcasmo contro l’intera categoria degli economisti e contro la “tecnofinanza che ora si sta autodistruggendo attraverso la meccanica geometrica dei computer…”        intervista al foglio

Per lui “non è una sfida accademica, è una partita culturale, e alla fine una partita politica”. E’ una critica che investe l’ambiente artificiale costruito attraverso i modi e i tempi della globalizzazione, la finanza senza regole, i nuovi principi contabili IAS e  Basilea 2 che ampliano il rischio dando un’illusione di sicurezza… “… la meccanica di una ricchezza che cresceva in forma geometrica e progressiva basandosi sul debito, creava l’illusione che tutto fosse insieme perfetto e prevedibile, stilizzabile in modelli matematici millimetrici e infallibili. E’ in questo ambiente artificiale che l’economia è stata presa da una specie di ubris – parola che certi economisti tenderebbero a credere inglese e invece è greca – e si è illusa in ordine a una sua nuova natura”.