Il pensiero di Carlo Masini a 20 anni dalla scomparsa è stato oggetto di incontro il 20 novembre alla Bocconi, con interventi di tanti docenti di Economia aziendale delle Università italiane. Nell’occasione ho ricordato un breve saggio del 1959 “Preliminari per una riforma istituzionale del collegio dei sindaci” come esempio di un metodo di analisi scientifica che combinava ampiezza di visione, solidità dei fondamenti ideali e filosofici, rigore dell’evidenza empirica, purezza di eleganza e di linguaggio. E’ grazie a queste qualità che scritti degli anni 50 mantengono viva la loro attualità, come si evince dal seguente passo: “la regolazione pubblica e privata, l’organizzazione delle imprese sembrano rivolte per lo più a punire per fatti avvenuti, di cui tra l’altro è difficile l’attribuzione di responsabilità; non pongono le basi di una conveniente vita delle imprese “. Masini riteneva già allora che una riforma istituzionale degli organi di controllo principali, in particolare del collegio dei sindaci, fosse il punto di attacco giusto per una più organica, ma graduale riforma dell’impresa: “s’incominci dai sindaci e si darà un vigoroso impulso all’azione di miglioramento dell’amministrazione delle imprese” (Masini, 1959). Un concetto, una nuova regolazione dell’attività degli auditor interni ed esterni, che abbiamo visto ripreso negli anni 2000 in Europa e in America da illustri studiosi del diritto e dell’economia d’impresa. Tra l’altro, Masini insegnava a noi tutti a curare la proprietà del linguaggio, perchè le parole utilizzate hanno il potere di orientare o disorientare il pensiero. Una lezione oggi troppo spesso dimenticata.
Il mio intervento a un convegno dei consulenti del lavoro di Varese in tema di etica e valori professionali è stato sintetizzato da varesenews.it con una frase “quando la volpe parla di etica bada alle tue galline”. Ho detto anche altro, ma non rifiuto questa sintesi ardita …
Il sondaggio Gallup (USA) sulla fiducia riposta nelle varie categorie sociali e nei rispettivi standard etici vede in testa infermieri e militari: la gente del business è in fondo poco sopra politici e lobbisti : little-trust-where-we-need-it-most
A Castellanza il 28 ottobre si discute di etica e azienda : con ampio ricorso all’analisi delle esperienze di imprese forse ancora poco conosciute ma originali e promettenti per il futuro.
Il Dean della IESE ripropone una visione umanistica dell’impresa con una riflessione autocritica sulle business schools:
“The humanistic deficit. In many schools, faculty members see firms as organizations whose social purpose is to maximize profits for shareholders, and align executive pay to economic performance. Unfortunately, these theories have displaced some higher ideals in the business world
and the force of pragmatism in getting results has become the dominant paradigm.
The claim that people are important is stronger than ever; but in practice, many decisions are taken without considering their impact on people. Today, we have management models completely void of human presence, where decision making happens in a mechanical way and incentives shape
the motivations of the agents.
At the beginning of the 20th century, prominent business people had the perception that companies had a social purpose, beyond making money. As a matter of fact, the foundation of schools such as Harvard and IESE is rooted in the conviction that educating business leaders in a rigorous, ethical way is important for the good of society.”
Il convegno nazionale di assifero che unisce fondazioni ed enti di erogazione apre a riflessioni importanti sulla sussidiarietà e sul ruolo del non profit nell’economia: v. anche: tettamanziscalvini
Un intervento di giorgio ambrogioni presidente di federmanager apre il dibattito sui i nuovi manager del giornale telematico Il diario del lavoro. Ambrogioni critica i limiti di una specializzazione professionale troppo accentuata, promossa dalle aziende negli anni passati, e sottolinea l’importanza di etica, merito e trasparenza per l’affermazione di una nuova classe dirigente.
In questa fase in cui la crisi favorisce nuovi ragionamenti può essere stimolante cercare diapplicare al contesto economico il pensiero di un filosofo e teologo come Vito Mancuso : per lui (Il Foglio, 7 luglio 2008), la “casa resistente dell’etica” ha bisogno di fondarsi sulla terra ferma della realtà, sulla ricerca della verità. – v. articolo: la forza di nietzche
In tutti i campi edulcorare la realtà non serve e tradisce la tensione etica.L’economia e l’impresa sono manifestazioni della forza del mondo, sono realtà potenti di trasformazione che investono tutte le sfere della vita sociale. Il modo giusto per riavviare un ragionamento etico in relazione all’economia è forse quello di fare uno sforzo per ritornare ai fondamentali. In tempi di crisi, l’etica d’impresa non può configurarsi come un ulteriore gravame, un adempimento aggiuntivo, un tributo da assolvere. La vera etica deve rispondere alla fisiologia d’impresa, al rispetto di esigenze fondamentali che corrispondono a requisiti di corretto funzionamento del sistema economico e sociale complessivo – si veda anche l’articolo : Al mondo è necessario l’imperio della forza
Sono interessanti le posizioni del teologo Vito Mancuso, molto al di là dell’aspetto che riguarda cristianesimo e fede. Ecco alcuni interventi in cui :
individua analogie e convergenze tra il pensiero egualmente rigido di scienziati materialisti (il pensiero neodarwinista ortodosso), da un lato, e la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica in tema di bioetica, dall’altro “a prima vista sembra non ci debba essere nulla di più distante, ma le cose, forse, non stanno così”: una-strana-convergenza
rivaluta la capacità di distinzione tra diritto ed etica propria dei vecchi democristiani come Andreotti: etica-di-fronte-alla-vita-vegetale